La competenza (inter)culturale in enogastronomia

Non si può improvvisare in nessun ambito quando si lavora (ma neppure nella vita quotidiana, aggiungerei) il rischio è quello di perdere credibilità e professionalità agli occhi dei clienti e di chi lavora nel nostro stesso settore.
Informarsi, aggiornarsi è doveroso, ma poi – consapevoli dei nostri limiti – dobbiamo delegare a un professionista quella competenza necessaria al nostro lavoro, ma che non possediamo o non padroneggiamo.

Competenza, già, ma che cos’è?

E’ l’abilità di attivare e usare valori, attitudini, abilità, conoscenze e comprensioni significative al fine di risolvere problemi pratici, personali o in un dato contesto.

In pratica non ci sono le competenze in sè; ci sono le persone competenti (no, non tuo cugino).

Questo vale anche nel mondo dell’enogastronomia: dalla comunicazione al marketing, e quando non ci affidiamo alle persone competenti rischiamo grosso, in termini di mancato fatturato o peggio. Vi riporto due esempi, uno interno alla nostra cultura e uno esterno, entrambi hanno fatto scuola… spero.

La Molisana

A gennaio 2021 scoppia il caso di questo famoso pastificio. Ad essere incriminate di fascismo sono alcuni formati di pasta: le Tripoline, Assabesi, Bengasine e Abissine. Nate tutte negli anni Trenta durante il regime fascista, per festeggiare la stagione colonialista italiana. E fino a qui niente di male, il problema è che nella scheda del prodotto, viene sottolineato il “sapore littorio” di questi formati, terminologia in sapore di apologia del fascismo che scatena il putiferio sul web, tra social e siti che condannano o difendono l’azienda. Tra i sostenitori mi ha colpito il pezzo di Massimiliano Tonelli, che minimizza l’errore:

L’azienda se lo meritava? Intendiamoci, il copy della scheda-prodotto è oggettivamente scritto in maniera scadente, ma al massimo di piccola gaffe stiamo parlando.

Eh no, non è una piccola gaffe, visto che si è trasformato in un vero e proprio scandalo per La Molisana. Tonelli se la può prendere con l’uso improprio dei social, può impugnare la storia italiana e la sua eventuale musealizzazione, il problema è un altro: il copy non era competente e l’azienda non ha vegliato sulla sua comunicazione.

Troppo ambiguo quel “sapore littorio”; la storia della pasta è una cosa, il suo marketing un’altra. La storia di un popolo specialmente quando si interfaccia con quella di altre popolazioni – in maniera così pesante come durante periodo fascista – va maneggiata con sensibilità, con competenza culturale. Perché la cultura è una materia complessa, e a fare la comunicazione ci devi mettere le persone con la giusta competenza culturale, ossia persone preparate e con un occhio alla gestione della diversità culturale interna o esterna al proprio paese.

Dolce & Gabbana

Se con La Molisana rimanevano all’interno delle vicende storiche del nostro paese, con il caso Dolce & Gabbana espatriamo, e andiamo in Cina. Del fatto ne ho parlato ampiamente qui, ancora una volta un uso sbagliato del cibo, e una ancora più grave mancanza di uno studio antecedente alla campagna pubblicitaria per evitare quanto poi accaduto in termini negativi.
L’incompetenza culturale – non conoscere i valori culturali delle altre culture quando si fa business con loro – può portare a grandi fallimenti in termini finanziari e di credibilità.

Questi due esempi possono sembrare agli antipodi ma ci fanno capire quanto sia importante sapere che fare comunicazione significa anche gestire le differenze nel modo di pensare, di provare emozioni e agire nel proprio ambito culturale e in quelli diversi dal nostro.

Fino ad ora abbiamo visto quanto può essere delicato – nella comunicazione interna o esterna – il nodo “gestire temi culturalmente delicati“. Ce un ulteriore esempio di come e quanto sia importante includere la diversità culturale come ramo trainante nel settore enogastronomico: rivolgersi all’ospitalità e ristorazione di turisti di diversa etnia e religione.

Già nel 2019 nella mia sezione di panel che ho presentato al BTO11, facevo presente come l’Agenzia Nazionale del Turismo, nel 2018, avesse presentato un focus sui paesi extraeuropei che generavano interessanti e crescenti flussi verso l’Italia. Russia, Cina, Usa, Canada, Australia, Giappone e paesi arabi risultavano i luoghi di maggiore provenienza turistica nel nostro paese. In particolare i paesi arabi stavano sviluppando, in tal senso, un fenomeno nuovo: il turismo halal. Tra le mete di destinazione di questa tipologia di turismo, l’Italia ricopriva il quinto posto con 46 milioni di presenze. Secondo uno studio di Mastercard e Crescent Rating, in futuro, il fatturato del turismo halal, cioè conforme alla legge islamica, sarebbe passato dai 180 a 300 miliardi di dollari, circa 265 miliardi di euro”. Una bella fetta di mercato.

Ovviamente tutto questo prima della pandemia, ora è lo stesso? Sembra proprio di si: Il mercato dei viaggi musulmani rimbalzerà all’80% dei livelli del 2019 entro il 2023 poiché covid-19 diventerà parte della vita quotidiana, ed entro il prossimo anno le vaccinazioni consentiranno il turismo, così prevede CrescentRating .

Siamo di fronte a un turismo particolare che necessita di un servizio che sia progettato in base a esigenze culturali specifiche, che vanno quindi conosciute e integrate se si vuole rendere l’esperienza indimenticabile e personalizzata.
Ho fatto l’esempio abbastanza esemplare del turismo halal ma dobbiamo tenere a mente che differenti culture richiedono differenti strategie. E’ importante quindi conoscerle il più possibile, per venire incontro alle loro esigenze, specialmente quando parliamo di accoglienza turistica e ristorazione. Tocca ricordaci che è difficile offrire o migliorare qualcosa che non si conosce ne comprende.

Andare incontro alle esigenze di un turista di cultura diversa da quella europea (ma anche già all’interno dell’Europa stessa abbiamo delle differenze che vanno tenute in conto!) implica valutarne i consumi e i bisogni in base al suo background culturale. Decifrare i valori culturali, conoscerli e gestirli, sono fattori cruciali di quella competenza culturale di cui ho parlato se vogliamo che i nostri alberghi, le nostre proposte gastronomiche vengano recepite nel modo migliore.

Poca improvvisazione allora, la fetta di mercato è troppo appetitosa per non approfittarne, serve solo trovare le persone coraggiose che intendono farlo e i professionisti competenti che insegnino loro a farlo.

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