Tradizione alimentare italiana e Nuovi Turismi (inclusivi)

Il BTM che si è concluso ieri a Bari è stata una bella esperienza che mi ha permesso di riabbracciare persone care come Nicoletta Polliotto e nuove come il Futurista “cuggino” Simone Puorto.
Il Panel moderato da Nicoletta aveva il compito di esplorare la necessità (e l’opportunità) che i brand del food e quelli dell’accoglienza hanno di riconnettersi alla terra, alle persone con i loro bisogni, ritmi e valori, alla propria tradizione, alla propria identità e missione. Questo Immaginando nuovi modelli, utilizzando kit strumentali rinnovati, progettando una nuova accoglienza
A me spettava il compito di proporre, in questa cornice, una visione particolare della tradizione culinaria italiana, e l’ho fatto con un intervento dal titolo: ” Riconnettersi a nuove necessità: la tradizione alimentare italiana e la sfida dei nuovi turismi”.

Parlare di tradizione è sempre molto difficile perchè si mettono in gioco meccanismi legati all’identità, alla concezione che un individuo e una cultura hanno del loro posto nel mondo e del loro rapporto con l’Altro (inteso nel suo concetto più ampio, ovvero chiunque sia diverso da noi).
La maggioranza delle persone hanno della tradizione una concezione distorta, che la vede immutabile nel tempo, mentre in realtà questa è in diretta concorrenza con quella forza uguale contraria che è l’innovazione. Quindi se la tradizione è principalmente legata al tramandare una cultura da una generazione all’altra, lasciando che parte del passato viva nel presente, l’innovazione invece, riguarda la capacità di una comunità di adattarsi e cambiare nel tempo, mantenendo un equilibrio tra la conservazione delle tradizioni e l’adozione di nuove idee o pratiche. Questo processo è intrinsecamente legato alla creatività culturale e alla capacità di una comunità di reinventarsi in risposta a nuove sfide o opportunità (se volete approfondire questa tematica vi rimando a questo approfondimento. E’ proprio in questo contesto che va ricercato il motore del cambiamento e dell’adattamento. Non dobbiamo dimenticarci che la storia dell’uomo é fatta di incontri, scambi, meticciati culturali, che nel tempo trasformano la tradizione attraverso l’innovazione. Nessuna cultura è chiusa in se stessa, impermeabile alla storia, o come dice Marshall Sahlins “Nessuna comunità è fuori dalla storia”.

Questa era una premessa necessaria per introdurre proprio quel cambiamento che i nuovi flussi turistici (e in particolari quelli relativi al turismo enogastronomico) ci chiamano a fare, ma andiamo per gradi.

Il 2023, secondo l’ultimo Rapporto sul Turismo Enogastronomico ha visto aumentare del 37% gli arrivi internazionali nel nostro paese, dove una grande percentuale è stata caratterizzata da turisti che cercavano esperienze legate al mondo del cibo.
Buona parte di questi arrivi però, è esclusa o marginalizzata da una fetta importante del turismo mondiale, quella relativa ai turisti di diversa matrice culturale, genericamente categorizzati sotto il nome di turismo “inclusivo”.

Chi sono questi nuovi turisti e che esigenze hanno?

Ho presentato 3 esempi, che se pure non esauriscono il panorama, rendono di certo conto della necessità di cambiare l’approccio e l’offerta del nostro marketing turistico.

I turismi analizzati sono stati quelli provenienti da:

1. Paesi arabi

2. Cina

3. India

Quando parliamo di Paesi Arabi facciamo riferimento al Turismo Halal o Muslim friendly (ovvero in linea con i principi della Shar’iah). Questa fetta di mercato, secondo le statistiche e le proiezioni degli enti di ricerca indicano che nel 2026 il numero dei musulmani che viaggeranno con finalità turistica sarà di 230 milioni, con un conseguente fatturato di 300 miliardi di dollari e una prospettiva di acquisto online di 180 miliardi di dollari.
Molti fanno l’errore di considerare il turismo musulmano di nicchia (errore comune anche per gli altri turismi culturali). In realtà questa considerazione non è realistica in termini quantitativi e qualitativi, perché la clientela musulmana proviene da oltre 60 paesi diversi, alcuni dei quali tra i più ricchi del mondo (Brunei, Arabia Saudita, Qatar e Malaysia). Un esempio interessante è quello del turista Saudita che spende annualmente, per viaggi di piacere, dai 10 ai 100 mila €.

Il 2024 vedrà il ritorno dei turisti cinesi in Italia secondo la Global Blue, azienda leader nella fornitura di servizi relativi agli acquisti internazionali attraverso il suo servizio di Tax Free. L’azienda però precisa che questo tipo di turisti è cambiato dopo la pandemia, infatti per il 68% dei cinesi il tax free shopping è tra le ragioni principali di viaggio e acquisto fuori dai confini del proprio Paese. Sulla base di quanto osservato da Intarget, i cinesi torneranno ad essere i principali compratori di lusso al mondo nei prossimi anni, con una previsione al 2030 di una quota del 40% del mercato globale. A livello di città, il 44% della spesa tax free cinese viene effettuata a Milano, il 22% a Roma, mentre appena il 9% a Firenze e il 6% a Venezia, che è la città che tuttavia registra lo scontrino medio più elevato (2.044 euro). Se teniamo conto che le città d’arte si confermano come scelta principale di questa tipologia di turisti è facile fare i dovuti calcoli relativi a questo mercato turistico. Va poi evidenziato che la clientela cinese è quella che in buona percentuale è portata a frequentare ristoranti stellati o gourmet.

L’India è oggi la quinta economia mondiale e, spinta da questa prosperità economica e da una popolazione che ha superato quella cinese, è destinata a diventare un importante mercato per i viaggi di piacere. I grafici elaborati dalla McKinsey & Company dimostrano che il mercato turistico outbond dell’India è tra i mercati in più rapida crescita in Asia. Si calcola che entro il 2040 si muoveranno, per le vacanze, sui 90 milioni di indiani, con una potenza di spesa veramente molto interessante visto il PIL crescente della nazione.

Fino a qui le descrizioni potenziali di questi mercati, ma come sono caratterizzati questi turisti, cosa cercano e di cosa hanno bisogno?

Li accomunano tutti 3 aspetti:

  1. Sono giovani (per lo più Millennial e Gen-Z)
  2. Hanno un importante potere di acquisto
  3. Sono molto attivi sui social

Ma sono anche portatori di esigenze di accoglienza e alimentazione particolari.

Il libro di Elena Toselli

Musulmani e Indiani hanno bisogno di una proposta alimentare in linea con i propri dettami religiosi, in più i primi hanno bisogno anche di attenzioni dal punto di vista dell’hotellerie (solo per accennare alle più importanti le stanze devono contenere particolari accortezze dal punto di vista dei kit da bagno (alcol e maiale free) così come le suppellettili come spazzole & Co (particolarmente interessante in merito è il libro di Elena Toselli in merito).
Entrambi poi hanno necessità che venga conosciuta la loro matrice culturale in termini di valori e comportamenti, in maniera da non cadere in qualche imbarazzo che comprometta il loro soggiorno. I cinesi se pur non portatori di particolari esigenze alimentari (tranne una genetica intolleranza al lattosio, oggi poco incidente nella ristorazione), sono particolarmente attenti a un servizio formale e rispettoso, in linea con la loro concezione gerarchica, e indirizzato all’eccellenza e alla pianificazione.

In quest’ottica l’Italia si sta rivelando poco competitiva e molto al di sotto delle sue potenzialità nei confronti di questi turisti speciali, ed è un peccato perché turismo enogastronomico è il fiore all’occhiello della nostra offerta turistica, una delle eccellenze in cui il nostro Paese è un indiscusso leader a livello globale.

Un momento del panel al BTM di Bari

Al BTM ho quindi proposto due soluzioni per colmare questo gap e iniziare a lavorare attivamente a un turismo “transculturale” e inclusivo.

1 SOLUZIONE
E’ relativa allo sviluppo della competenza culturale in tutte le realtà che lavorano nel settore del turismo, della ristorazione e dell’hotellerie ( se vuoi approfondire ne ho scritto qui). La competenza culturale, in questo settore, altro non è che la capacità di comprendere e gestire efficacemente le differenze culturali tra i turisti e le destinazioni che visitano.
Si tratta di iniziare quindi, fin dagli istituiti alberghieri, a formare i futuri lavoratori alle diversità culturali tra le nazioni, in termini di etichetta, servizio in sala, matrici alimentari e accoglienza. E, nel contempo, fornire questa preparazione a chi è già attivo in questo ambito lavorativo.

Il modello di Hofstede, applicato in questo campo (progetto al quale sto attivamente lavorando in vista del mio secondo libro) può fornire una griglia di applicazione veramente molto interessante, sulla quale costruire una personalizzazione delle proposte turistiche e della ristorazione.

2 SOLUZIONE
E’ relativa, invece, proprio alla nostra “tradizione gastronomica nazionale“, e risponde al semplice quesito: “come faccio a proporre delle ricette regionali o locali che possono contenere ingredienti non permessi?“. Intanto possiamo pensare a ricette trasversali come, per fare qualche esempio, la siciliana pasta alla norma, le orecchiette con le cime di rapa, risi e bisi o la polenta condita con prodotti accettati dalla religione di appartenenza. Questo se vogliamo rimanere nella confortante zona della tradizione “pura”, ma possiamo pensare anche a una carbonara Kosher senza maiale, sostituito da petto d’oca o manzo affumicato, e al posto del pecorino usare dell’ottimo formaggio vegano (carne e latte non posso infatti coesistere, per gli ebrei nello stesso piatto e nello stesso pasto, fattore non necessario per i musulmani). Se vogliamo rimanere all’interno della tradizione che si confronta con l’innovazione possiamo invece dare vita a piatti che hanno alla base le nostre migliori materie prime, i prodotti locali declinati in chiave nuova, sfide al palato di questi nuovi turisti che non vogliono rinunciare ai “nostri “sapori.

In fondo che cos’è la tradizione se non un’innovazione ben riuscita, come diceva Oscar Wilde?

Purtroppo l’Italia è ancora carente dal punto di vista dell’offerta rivolta a queste nuove realtà turistiche, ed è un peccato perché le aprirebbe nuovi e redditizi mercati turistici, di bello c’è che abbiamo molto da fare in merito, e a chi le sfide piacciono le opportunità non mancheranno.
Intanto io inizierò a indagarle per voi dal punto di vista antropologico, nei prossimi post le approfondiremo sempre di più, e ogni riflessione o considerazione da parte vostra sarà la benvenuta.

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