L’onnivoro sociale: quando le convinzioni dietetiche vanno oltre i tabù alimentari

Oggi, tra le varie convinzioni dietetiche, scelte in base a motivazioni etiche, ambientalistiche, religiose o salutistiche, sta emergendo una nuova tendenza: l’onnivorismo sociale.
Un approccio dietetico che si aggiunge a quelli che limitano o cancellano del tutto il consumo di carne e pesce, e che si differenzia da vegetariani, vegani e flexitariani.

Se i primi non consumano principalmente carne e pesce, i secondi escludono tutti gli alimenti di origine animale (carne, pesce, molluschi e crostacei, latte e derivati, uova, miele e altri prodotti delle api) e i terzi, infine, possiamo definirli “vegetariani flessibili”, in quanto pur avendo una dieta prevalentemente a base vegetariana ogni tanto si concedono il consumo della carne e del pesce.

Un onnivoro sociale, invece, è una specie di flexitariano con una regola molto chiara su quando mangerà carne: quando viene servita in un contesto sociale. Questa scelta può essere molto più efficace di una generalizzata intenzione flexitariana di mangiare “meno carne”. L’onnivoro sociale decide di contesto in contesto quando e quanta carne mangiare. Questa tendenza in crescita si riferisce a persone che andranno a farsi un kebab con i loro amici ma non mangeranno carne quando sono a casa o da sole. È difficile dire quanto sia comune il fenomeno, ma il mantra è mangiare meno carne dove è possibile ed evitare conflitti sociali quando si mangia fuori casa.

Le intenzioni di chi limita il consumo della carne sono buone. La maggior parte di loro evita di usare prodotti di origine animale perché non vuole causare danni agli animali, all’ambiente o alla propria salute. Ma questa scelta può mettere a dura prova le relazioni sociali. Quando le persone diventano vegetariane per la prima volta, “mangiare con gli altri” è uno dei motivi principali per cui questa scelta fallisce.

L’approccio degli onnivori sociali sembra perfetto per rimanere saldi nel proposito di consumare meno carne possibile, senza generalizzare nel consumarla come i flixitariani e, nel contempo, preservando le proprie relazioni sociali.

Esiste un divario tra le nostre buone intenzioni e il nostro comportamento (in psicologia ciò viene definito bias ottimistico). Che si tratti di fare più sport o di mangiare di meno, tendiamo tutti a soffrire di pregiudizi ottimistici. Ovvero di cadere nell’errata convinzione che siamo più vicini al nostro obiettivo di quanto non siamo in realtà.

Se le intenzioni non sono sostenute da regole chiare, questo divario può trasformarsi rapidamente in una sconfitta. Dobbiamo prendere molte decisioni su cosa mangiare ogni giorno, e spesso sotto la pressione del tempo. Se non ci sono regole chiare da seguire, potremmo cadere in vecchie abitudini piuttosto che seguire le nostre buone intenzioni. Stabilire regole può aiutare a cambiare il comportamento perché riducono il carico cognitivo delle tante decisioni prese ogni giorno. Ecco perché è basilare avere una serie di strategie, o regole, per ridurre la carne: aiuta a mettere in pratica la nostra volontà di consumarne meno. Questa è la prima strategia degli onnivori sociali: avere regole chiare.

Per quanto riguarda le relazioni sociali gli onnivori sociali sono consapevoli che è difficile per le persone rinunciare a qualcosa di buono e piacevole. La carne non è solo gustosa “svolge anche un ruolo importante nella nostra cultura, nei nostri rituali e nei legami sociali“- afferma Victor Kumar, professore di filosofia e direttore del Mind and Morality Lab della Boston Univerity – “Riservarla per le occasioni sociali consente di preservare le cose che sono veramente preziose nel mangiare carne” (Preziose come una cena cucinata con amore in famiglia in cui capeggia qualche piatto a base di carne).

Inoltre, può essere davvero isolante andare controcorrente.

L’onnivorismo sociale farà quindi la differenza?

Tenendo conto dell’associazione, in gran parte lineare, tra l’assunzione di carne e i danni alla salute e al pianeta, è probabile che qualsiasi riduzione della quantità di carne consumata sia importante.

Poiché contenere il consumo di carne diventa sempre più cruciale per l’ambiente, Kumar sostiene che gli onnivori sociali stanno facendo qualcosa di positivo. I mangiatori di carne “part-time” possono godere di una quantità sufficiente di alimenti che amano per rendere il loro stile di vita sostenibile, ma hanno anche un chiaro quadro etico di riferimento che consente loro di non aver “rinunciato completamente alle loro ideali morali” quando consumano prodotti di origine animale. Le migliori azioni eticamente guidate sono quelle che ottengono effettivamente un risultato desiderato. Se provare a diventare vegetariani significa fallire, per essersi imposti comportamenti alimentari estremi, “allora non aiuta”, sostiene lo studioso.

I grandi viaggi iniziano con piccoli passi. Diventare un onnivoro sociale, oggi, sarà più performante per la salute e per l’ambiente che un perfetto e ipotetico piano per diventare vegano domani.

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