Una pinta di preistoria: il Lambic

Lambic Moleskine

Se non mi fosse stato caldamente consigliato, non avrei partecipato all’incontro-degustazione del Lambic presso Bir&Fud. La birra non mi hai mai “sedotta”, è difficile che ne ordini una solo per me, di solito ne rubo un pò a qualcuno che la ordina al tavolo… “Ma il Lambic è diverso, devi provarlo, è la bevanda che più si avvicina alla birra arcaica, per una che, come te, studia l’alimentazione, è un’occasione unica quella del 20 agosto”. E’ bastato solo questo per farmi incuriosire; dovevo assaggiare una birra arcaica e volevo ascoltare la sua storia. Così sono andata.

Altri hanno riportato i contenuti storici e organolettici della serata: molto belli i post di Senza Panna e Rossella. Non li replicherò, sono esaustivi e ben fatti. A me interessava calarmi in sapori antichi, provare a sentire il gusto di chi beveva la birra 6000 anni fa. Il Lambic è infatti una bevanda a fermentazione naturale, figlio di lieviti selvaggi, locali, ambientali, unici. Una bevanda che è come argilla nelle mani del mastro birraio (definizione non cara a Mr. Cantillon) risultato della capacità del produttore di fare assemblaggio, di modellarla nel tempo e negli ingredienti, nei profumi e in quel dinamismo che ne caratterizza l’anima. Nessun Lambic è uguale a un altro.

Voglio pensare che il Lambic sia una sorte di fossile liquido, una pinta di preistoria…

Già, perchè la birra è stata la prima bevanda alcolica ad accompagnare l’umanità fino ai nostri giorni. In realtà gli archeologi, tra le tante dispute in merito, sostengono che già l’idromele (acqua e miele) e il sidro abbiano fatto la loro comparsa quando la birra si era affacciata tra le scoperte dell’orizzonte umano. Ma fu proprio il senso di quella scoperta ad avvantaggiare la birra rispetto ai suoi “rivali”: questa bevanda si accompagnò a quel cambiamento rivoluzionario che è stato l’agricoltura.

Lo stoccaggio dei cereali non presentava tutte le problematiche di conservazione e reperimento tipiche della frutta e del miele (sidro, vino, idromele), in più erano abbondanti e consentivano di produrre la birra ogni volta che serviva.

Scoperta datata sicuramente intorno al 4000 a.C., in Medio Oriente, la birra si beveva con la cannuccia perchè veniva servita in contenitori sulla superficie dei quali galleggiavano chicchi, loppa e altri resti che, per non essere ingoiati, necessitavano dell’uso, appunto, della cannuccia.

Poco sopra ho parlato di “scoperta” della birra, e non di “invezione“: questa bevanda nasce, infatti, grazie all’osservazione di due caratteristiche peculiari notate dall’uomo sull’onda dell innovazioni dovute all’agricoltura:

  1. il grano inzuppato nell’acqua fino a germogliare aveva un sapore dolce (oggi sappiamo che questo avviene grazie alla produzione degli enzimi dell’amilasi, che convertono l’amido del grano in maltosio, e che nell’orzo hanno la massima produzione);
  2. se questa “pappa” non veniva consumata entro un paio di giorni subiva una misteriosa mutazione; diventava leggermente effervescente e inebriante (grazie all’azione dei lieviti selvatici che facevano fermentare gli zuccheri trasformandoli in alcool).

Senza dubbio l’effetto inebriante della birra elevò la bevanda a importanti funzioni sociali e religiose. Una dimostrazione in tal senso ce la riporta l’immagine riportata poco sopra dei due uomini che bevono contemporaneamente, con la cannuccia, dallo stesso contenitore di birra. E’ un’iconografia costante del consumo di questa bevanda, anche quando iniziò a essere filtrata e non ci fu più bisogno di usare la cannuccia. Molto probabilmente questa raffigurazione stava a indicare il carattere conviviale del bere dove, bevendo dallo stesso contenitore, si consumava il medesimo liquido. Condividere una bevanda divenne così simbolo universale di ospitalità e amicizia perchè indicava che della persona che offriva da bere ci si poteva fidare, visto che dimostra che la bevanda non è avvelenata o in altro modo non adatta al consumo.

Oggi le cose sono cambiate, ognuno beve da un bicchiere, eppure l’eco dell’antica tradizione vive ancora: si è trasformato nell’usanza del brindisi, dove simbolicamente si riuniscono i bicchieri in un unico vaso di liquido condiviso.

La birra, essendo poi annoverata tra le bevande alcoliche, condivide con queste l’orizzonte di bevanda sovrannaturale. La capacità di inebriare, di indurre in uno stato di coscienza alterato, era vista come qualità magica, quindi dono diretto degli dei.

In particolare la birra, n questo ambito, celebrava sempre il suo nesso con la mitologia relativa alla fertilità agraria. In ogni luogo dove questa bevanda è stata adottata, l’uso rituale e mitologico era il medesimo: fertilità e culto dei morti, celebrazioni della vita e della morte.

Molti studiosi ritengono, poi, che l’impiego della birra sia stato sostanziale nel passaggio da un regime prevalentemente carnivoro e nomade, tipico delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, a quello agricolo e quindi stanziale.

La birra arcaica veniva bevuta quando ancora la fermentazione non era completa (a causa della difficoltà di conservazione a lungo termine) mentre gli zuccheri si stavano ancora mutando in alcool. Era quindi una bevanda dalla bassa gradazione alcolica ma ricca di lieviti in sospensione. Questo aumentava di molto il suo contenuto in vitamine e proteine, in special modo delle vitamine del gruppo B, che compensavano così la riduzione del consumo di carne, proprio in quel passaggio delicato nel quale la caccia lasciava il passo all’agricoltura.

Consapevole di tutta questa storia quando al tavolo mi hanno servito “il” bicchiere colmo, ambrato e opaco, mi sono guardata intorno un pò persa e ho bisbigliato ai miei vicini “ma è questa?”. E mi hanno risposto “Sì, è questa…”.

Eccola lì, quindi, l’ho guardata un pò emozionata, non l’emozione dell’appassionato, del cultore… ma quella di chi sa che a breve avrebbe assaggiato qualcosa di “antico”.

Sapevo solo che era “acida“, ho preso in mano il bicchiere e ho annusato… sentori aciduli, secchi…
Assaggio, in bocca esplode un finimondo, eh sì, è acida… ma il bello è venuto dopo, l’acidità scompare e in bocca rimane qualcosa di armonico, misterioso, che non so spiegare. Intimidita ho confidato alla mia amica “mi ricorda lontanamente il sidro….”.

Eh già, perchè Mr. Cantillon lo ha detto, il Lambic è l’anello di congiunzione fra vino e birra, e io venerdì sera mi sono bevuta un pò di Storia.

3 Replies to "Una pinta di preistoria: il Lambic"

  • Tweets that mention Una pinta di preistoria: il Lambic | Evoluzione Culturale -- Topsy.com 22 Agosto 2010 (14:46)

    […] This post was mentioned on Twitter by gianluca morino, Lucia Galasso. Lucia Galasso said: Una pinta di preistoria: il Lambic – http://www.evoluzioneculturale.it/2010/08/22/una-pinta-di-preistoria-il-lambic/ […]

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    Daniela (senzapanna) Delogu 22 Agosto 2010 (15:38)

    Bellissimo Lucia, bello davvero.
    Io e te abbiamo in comune questo amore per il “vecchio”, per quello che ormai è passato ma di cui rimane qualcosa, i fossili come vestigia e qualcosa di attuale che ce lo ricorda.
    Sarà che ho fatto la paleontologa (anzi micropaleontologa) per circa 20 anni (proprio come il prof. Alan Grant di Jurassic Park)… anzi è sicuramente quello.
    Complimenti!

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    Rossella 22 Agosto 2010 (15:42)

    Gran bella sorsata di storia.
    Io ho prima scoperto la Lambic e poi il sidro 🙂
    E’ sempre interessante scoprire la storia di quello che oggi diamo per scontato, come la birra. Dopo il venerdì di gueuze, ho ripreso un interessante libro in mano e ho pure imparata che la vera ale, che ha finito di esistere un paio di secoli fa, non usava il luppolo.

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